Nonostante i timidi segnali di ripresa che stanno caratterizzando gli ultimi mesi, rimane ancora troppo elevato il divario in termini di competitività delle nostre aziende rispetto a quelle degli altri Paesi dell’Unione Europea. Questo in sintesi il dato che emerge dalla fotografia dell’ISTAT sullo stato delle nostre Piccole Medie Imprese, che ci assegna un triste primato: l’Italia è fanalino di coda dell’UE per competitività di costo delle imprese.
Dati che destano preoccupazione e che permettono di capire su quali assi strategici sia necessario lavorare quanto prima per favorire sviluppo e innovazione nelle nostre piccole aziende, sia con interventi legislativi, sia con finanziamenti alle aziende.
La competitività di costo delle imprese
La competitività di costo delle imprese è un indicatore di valutazione della bontà delle aziende e della loro efficienza che rapporta il valore aggiunto per addetto e il costo di lavoro unitario.
In dieci anni tra il 2000 e il 2010 ha perso circa 10 punti percentuali, passando da 135.8 a 126.1. Al contrario, la Romania (prima in classifica) è passata nello stesso periodo dal 163.4 al 211.7. I due estremi si scontrano con una media europea che nel decennio è calata di circa 1 punto.
Occupazione
Anche la situazione occupazionale del nostro Paese sta segnando dei record negativi. Solo 61 persone su 100 di età compresa tra i 25 e i 64 anni hanno un’attività professionale. Peggiore il dato disaggregato: per le donne solo il 50.5% risulta occupato.
Dati ancora più allarmanti se si valuta la disoccupazione di lungo periodo. L’italia è il paese che ha in media il periodo di disoccupazione più elevato, dove ben il 52,5% dei disoccupati è senza lavoro da un periodo superiore a 12 mesi.
Digital divide
Il nostro Paese è sempre distante rispetto agli altri Paesi europei nel tasso di penetrazione di internet rispetto alla popolazione totale. Solo il 54.8% dei cittadini di età superiore ai 6 anni utilizza internet, contro una media continentale che supera il 70%.
Peggiori sono i dati relativi all’utilizzo della banda larga, dove la nostra posizione ci paragona a Paesi come Spagna, Grecia e Portogallo, che in passato hanno dovuto sopportare in maniera pesante gli effetti della crisi.
Pressione fiscale
A differenza delle altre voci, quello della pressione fiscale è un dato che fino al 2005 non segnava scostamenti evidenti rispetto al dato europeo. Nella decade 2000 – 2010 invece il valore complessivo dell’imposizione fiscale in italia è cresciuto di quasi tre punti contro una media europea che si è attestata ben 3.6 punti percentuali al di sotto, limitando fortemente la liquidità delle aziende nazionali e la possibilità di innovazione delle stesse.
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Image credit: shutterstock